Pulire le orecchie ? NO GRAZIE

Da bambino mi ricordo che mia madre mi diceva che se non mi pulivo bene le orecchie mi “cresceva il prezzemolo” … Per contro io per non lavarmi le braccia sporche dopo i giochi da bambino dicevo che non erano sporche … ma erano “le vene !”. Al di là dei ricordi dell’infanzia è indiscutibile che l’igiene sia una cosa importante ma è necessario fare un distinguo .

L’orecchio esterno , cioè quello che inizia con il padiglione auricolare e finisce con la membrana del timpano che vibrando trasmette i suoni , ha delle particolari caratteristiche forse non conosciute da tutti . Intanto il condotto non è un tubo retto ma ha un andamento ad “S italico” cioè con due curve per proteggere meglio il timpano .

Poi nella porzione esterna vi sono delle ghiandole simili a quelle del sudore che producono il cerume , che non è sporcizia , ma è una sostanza a base di colesterolo che lubrifica e protegge l’orecchio esterno . Immerse nel cerume ci sono delle piccole ciglia che come “scopette naturali” portano all’esterno parti di cellule desquamate e cerume .

Se noi quindi usiamo dei meccanismi di pulizia “fai da te” tipo cotton fioc o stuzzichini vari possiamo provocare diversi guai per diversi motivi:

  1. Essendo una manovra alla cieca per quanto cerchiamo di essere cauti si rischia di fare danni .
  2. Spesso una parte del cerume lo spingiamo verso l’interno dove non ci sono più le ciglia che lo riportano fuori .
  3. Il cerume è igroscopico, cioè gonfia con l’acqua , basta una spruzzata esempio durante la doccia che il cerume gonfia e fa tappo .

Conclusione : non usare per la pulizia altro che le proprie dita , non mandare a flutti acqua dentro pensando di pulire , non usare cotton fioc , stecchini o tantomeno le famigerate candelette che sciolgono il cerume appiccicandolo al timpano.

Se poi proprio ne producete tanto e siete soggetti ai tappi ( ad es. chi lavora nella polvere ) rivolgetevi una volta all’anno al vostro Otorino di fiducia.

Prescrizioni mediche e priorità: un pò di chiarezza


Quante volte ho sentito frasi tipo “Per fare quella visita o quell’esame ho dovuto aspettare mesi !! Era una cosa urgente ! Se non vai per via privata puoi anche morire !” .

Certo sappiamo che spesso il servizio pubblico non funziona o funziona male e le vittime come sempre sono i malati . Ma vogliamo fare un po’ di chiarezza ? Le lamentele sono ovviamente dettate dalla necessità ma troppo spesso sono frutto di non conoscenza dei meccanismi .

Innanzi tutto : ogni prestazione che il medico scrive ha un codice che spesso viene trascurato o non conosciuto . Sulla richiesta può venir segnalato la lettera : U ( Urgente ) e la richiesta deve venir evasa entro 48 ore , B ( tempo breve ) cioè entro i 10 gg , D ( differita ) entro 30-60 giorni , P ( programmabile ) entro 6 mesi o addirittura nessuna lettera che equivale a P .

Naturalmente non basta dire al medico “mi metta urgente così faccio prima se no chissà quanto devo aspettare” perché esistono elenchi di patologie che possono essere inserite come più urgenti o no . Ad esempio in una richiesta di visita per un tappo di cerume non può essere messo U ( urgente) in quanto anche se fastidioso non è un’urgenza. Per contro un’indagine per il sospetto di un tumore o di un’infezione importante può e deve essere fatta con priorità .

Non dobbiamo quindi confondere il proprio disagio con la reale urgenza della forma morbosa ma pretendere il servizio congruo con la necessità di accertamento . Urgenza , e questo vale per i casi in cui ci si dovrebbe rivolgere al pronto soccorso , significa situazione patologica che se non trattata subito comporta un rischio di complicanza o pregiudizio sulla malattia stessa .

Insomma mala sanità … anche , e non deve succedere , ma chiarezza nei percorsi , propri diritti e senso civico che serva per tutelare i nostri diritti di malato senza però pensare che il mondo, anche sanitario giri intorno a noi .

Dottore o Professore?

Più di una volta in ospedale mi è successo che , parlando con un paziente per diverse motivazioni ( spiegando qualche procedura , chiarendo qualche problema insorto , o altro ) non appena la persona veniva a capire che ero il primario esordiva …. “ah scusi !!” ed io : “Scusi di cosa ?” ..”eh sa non sapevo che lei fosse il Primario …! L’ho chiamato Dottore e non Professore !!” Ed io : “Guardi che non mi ha mica offeso .. poi .. il fatto di essere il primario non equivale ad essere professore ..dottore va benissimo e comunque sono una persona normale come lei ”

Ma al di là di questa sorta di soggezione , dovuta alla cattiva abitudine di molti miei colleghi che pensano di potersi collocare ad un altro livello degli altri solo per il loro titolo o posizione lavorativa , credo che sia utile fare un po’ di chiarezza .

Nel campo medico il titolo di “ Professore” era un titolo universitario acquisito come libera docenza . In altre parole un’attività scientifica ma soprattutto degli esami che si facevano a Roma che fornivano l’idoneità ad insegnare una data materia . A quel punto uno era professore in quanto docente in … E la materia era normalmente quella dove eri specialista .

Poi molti hanno iniziato ad aggirare l’ostacolo diventando docente in materie secondarie più semplici quali ad esempio “storia della medicina” , ma che con un semplice Prof davanti al nome faceva pensare di essere professore nella specialità principale praticata .

Poi le libere docenze vennero abolite .

Attualmente ci sono i Professori ordinari che sono titolari di cattedra universitaria , i Professori associati di livello inferiore ai precedenti , i Professori a contratto che sono esperti in una materia ma che non sono universitari … e ancora ricercatori , professori supplenti … insomma .. chiariamo:

  1. Essere professori vuol dire insegnare ma non equivale come principio ad essere più bravi o esperti di un dottore che potrebbe essere anche primario ma in ospedale . Ci sono professori che fanno solo ricerca e che nella pratica hanno pochissima esperienza .
  2. Primario‘ è un termine generico che vuol dire semplicemente essere il Responsabile di una struttura ( Direttore , Dirigente Responsabile ) ma non c’entra nulla con l’insegnamento , per cui non necessariamente è professore . Nel grande calderone poi esistono incarichi di insegnamento che a volte vengono sfruttati solo per poter dire che sei Prof . Ad esempio, io insegno alla scuola di formazione dei medici di Medicina generale per cui sono professore nel ruolo di insegnante ma dottore come primario .

Conclusione : non ci facciamo abbindolare dai titoli e valutiamo i professionisti per quello che realmente sono .

Essere medico: ma sono davvero bravo ?

E’ indiscutibile che essere medico e per di più chirurgo è una condizione diversa da ogni altra . Leggi la gratitudine sincera negli occhi delle persone quando proprio tu hai risolto un problema a volte di vita, a loro o ad una loro persona cara . E’ quello che ti dà l’entusiasmo , la passione di fare qualcosa di veramente straordinario che ti gratifica e ti fa sentire “speciale” . E’ però anche vero che questo grande riconoscimento è una tentazione fortissima e costante al proprio ego . E’ come un tesoro che in mani sbagliate può portare a conseguenze negative .

Credo sia importante che un medico rifletta bene su questa cosa per non confondere la propria opera con quello che siamo veramente . Ricordo un periodo di Natale di anni fa quando una persona ( lei e famiglia miei pazienti ) dandomi un piccolo presente natalizio mi ha stretto le mani e mi ha detto “grazie dottore per noi lei è un riferimento, le siamo grati, sapere che c’è per noi è veramente importante … ) “.

Ecco che in quel momento ho capito .

Non è più un problema di capacità , di soldi , di prestigio … Non si può esaurire il tutto con “io sono bravo ..” Il punto è perché io ? Se avessi voluto cantare come Pavarotti , anche studiando una vita , non ci sarei riuscito . Perché ? Lui era più bravo ? No . Lui aveva dei doni che io non ho . Certo , li ha sfruttati , li ha fatti crescere, li ha gestiti … ma la voce ce l’aveva . Ed ho capito .

Ognuno ha i suoi doni . Magari senza saperlo , grandi o piccoli che siano, sono il motivo per cui noi siamo in questo mondo ( fortuna ? Dio? caso ? che importanza ha ? ).

Il nostro dovere etico è quella di custodirli , farli crescere e metterli a disposizione degli altri . Certo è legittimo trarne un beneficio , un guadagno , un’onesta gratificazione , ma è importante prenderne coscienza al fine di capire chi siamo e perché siamo qui.

Parliamo un pò di… RISO

In un casuale ma felice incontro con un produttore di riso ho accresciuto le mie conoscenze su questo cibo prezioso . Ho piacere a condividerle con Voi .

Innanzi tutto possiamo dire che il riso è probabilmente il cereale più antico del mondo e non a caso è il cardine della dieta di moltissimi popoli . In Italia vi è grande tradizione nella sua coltivazione e utilizzo in piatti prelibati .

Questo prezioso nutrimento è molto digeribile , privo di glutine , con una buona componente proteica e con grassi essenziali . Ricco di potassio, è ottimo nutrimento per gli ipertesi .

Le varietà sono numerose ma in generale potremo dire che quello integrale è ricco di fibre ed è preferibile per conservare tutti i suoi principi vitaminici e minerali . Quello nero è più ricco di proteine , quello basmati ha meno grassi .

Andiamo allora a qualche consiglio pratico .

  • Il riso integrale ; bisogna partire a freddo con acqua fredda ( 1 parte di riso tre parti di acqua ) coperto fuoco al minimo . Lasciare fino a che non consuma tutta l’acqua senza girare . A fine cottura aggiungere gli ingredienti che avrete preparato a parte .
  • Il riso bianco uguale procedura ma una dose di riso due di acqua poi uguale come prima . Tempi di cottura 35-40 m per integrale 15-18 bianco .
  • Basmati minor dose di acqua ( 1 a 1 ) Il sale cr a metà cottura , sempre grosso non fino assaggiando .Le differenze del riso sono innanzi tutto su chicco grande e chicco piccolo secondo il gusto personale .
  • Chicco grande : carnaroli e arborio , il primo rimane più al dente il secondo più morbido .
  • Chicco piccolo : vialone nano e originario , il primo ha un’ottima tenuta di cottura , il secondo più piccolo adatto ai dolci o minestre o torte .

Buon appetito ! E buona salute !

Il pane indiano: il Chapati

Durante una mia visita in India ho approfittato per imparare qualche trucchetto della loro cucina. Ho scoperto ad esempio che in pochi minuti si può creare del pane caldo, leggero, e perché no anche digeribile . Il Chapati appunto è il pane tradizionale che non manca quasi mai sulla tavola indiana .

1.

Si parte da un semplice impasto di farina semintegrale ( io uso 3 parti di farina bianca e 1 di grano saraceno ) mettendo in una terrina solo farina e acqua quanto basta per amalgamarla . Io non uso sale ma a chi piace può essere aggiunto . Niente lievito .

2.

Una volta che è amalgamato l’impasto si può continuare a lavorarlo con le mani . Più viene lavorato e meglio è , fino a creare una palla morbido elastica .

3.

Se ne stacca una palla della grandezza di un mandarancio e con un piccolo mattarello ( io ho preso quello che usano loro ma va bene qualsiasi ) lo si stende mantenendo uno stesso spessore che deve essere abbastanza sottile .

4.

Padella antiaderente bella calda , si gira da un lato e dall’altro per pochi minuti fino a cuocere uniformemente .

Volendo , a metà cottura ,si può passare una piccola pennellata di olio o di ghee ( burro chiarificato ) o burro , che insaporisce maggiormente .

5.

Servire caldo .

A piacere oltre al Chapati classico si può variare guarnendo l’impasto prima della cottura con pezzetti di aglio , formaggio o altri sapori secondo il gusto . Buon appetito !!